Bollicine e bollicine

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Cosa stiamo bevendo nella flûte?

A chi non è mai capitato di andare ad un locale per fare un aperitivo. Spesso si sente chiedere al banchista: «Mi dia un prosecco». Cosa in realtà stiamo chiedendo e cosa ci viene servito? Una credenza comune dice che la parola prosecco intenda tutto ciò che ha bollicine nel bicchiere… Sbagliato! La parola giusta è spumante. Chiedendo un prosecco si intende un vino speciale, spumante, prodotto in Veneto con almeno l’85% di uvaggio Glera. Certo, è uno spumante anche lui ma se il locale in questione non avesse proprio quel vino, cosa vi darà da bere?

Gli spumanti si dividono in tre tipologie. Solamente due sono quelle più utilizzate e di seguito vi spiegherò in cosa consistono.

Il metodo Classico o Champenoise viene utilizzato nelle più importanti aree di produzione spumantistiche come Champagne, Franciacorta, Trento Doc e molti altri dando vita appunto ai migliori spumanti al mondo. Dopo un mese dalla prima fermentazione nei tini di acciaio inox utilizzando lieviti selezionati e svolta a 18 °C circa. I vini ottenuti vengono conservati ad una temperatura di 3 °C. Una volta assemblati i vini di cui si ha bisogno e creata la cuvée, si aggiunge una miscela composta da vino, zucchero di canna (circa 24 g/l tranne per il Satèn in Franciacorta), lieviti e sostanze minerali, queste ultime utili per il sostentamento dei lieviti. Il preparato viene imbottigliato e tappato con dei tappi a corona contenenti un piccolo cilindro di plastica all’interno di nome bidule dove in seguito vi verranno trascinate le fecce. Molti disciplinari prevedono un minimo di periodo di rifermentazione in bottiglia di circa 18 mesi. In questo stato il vino può rimanere tutto il tempo che il produttore vuole e nel momento in cui si pensa che l’affinamento sia al punto giusto si passa al remuage ovvero a delle rotazioni con scuotimenti delle bottiglie che le porteranno sempre di più in verticale trascinando le parti solide nelle bottiglie dentro la bidule. Arrivati a questo punto si passa alla sboccatura aprendo il tappo a corona ed estraendo insieme ad esso il cilindro carico di fecce eliminandole dal prodotto finale. Infine viene aggiunto il dosaggio o liqueur d’expédition, miscela segreta di ogni cantina che può contenere vino invecchiato, distillato e zucchero di canna, mentre se non viene aggiunto il prodotto sarà classificato come un pas dosé o dosaggio zero. Il metodo Classico si presenta brillante, ricco di aromi anch’esso con spiccata presenza di crosta di pane e molto elegante in tutte le fasi di degustazione.

Passiamo adesso al metodo Charmat o Martinotti, noto per la grande produzione di Prosecco nel Veneto. Utilizza la stessa preparazione della cuvée del metodo Classico, con la differenza che in seguito la seconda fermentazione viene svolta nell’autoclave che secondo la normativa UE deve sostarci almeno 30 giorni prima della commercializzazione. Questa tipologia punta di più sull’immediatezza del prodotto con aromi di frutta e fiori non ancora maturi e buona freschezza e sapidità al palato. Il metodo Martinotti viene utilizzato anche per la produzione nella maggior parte dei casi di spumanti dolci. Le uniche differenze sono che il mosto subisce più filtrazioni per divenire infermentescibile e la fermentazione viene bloccata con un abbassamento delle temperature per mantenere un buon residuo zuccherino e concludendo con un’altra filtazione per eliminare i lieviti evitando che fermentino ancora i zuccheri restanti.

Ora che avete queste nozioni sarete molto più curiosi e selettivi quando andrete a fare un altro aperitivo e, chissà, comprerete spumanti interessanti da bere durante pranzi, cene o feste!


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